“Adagio portoghese” narra di un regista che giunge nella città di Oporto. Ispirato dal documentario del 1956 Il pittore e la città di Manoel de Oliveira, riscopre la semplicità del linguaggio del cinema delle origini, compiendo un viaggio nella potente bellezza e nell’anima di una città che diventa emblema e trasfigurazione del mondo, del suo mistero, della fragilità e della finitezza dell’esistenza umana.

Attraverso un linguaggio visivo ricercato ed essenziale, il documentario si interroga sulla natura dello sguardo e sul rapporto tra chi osserva e chi è osservato. Il movimento e la staticità si sovrappongono, così come il finito e l’infinito, il grande e il piccolo, in un racconto fatto di immagini che diventano quadri, evocando un’estetica pittorica e contemplativa.

Accompagnato da un testo breve e intenso, che lascia spazio alla potenza evocativa delle immagini, Adagio Portoghese è un diario di viaggio intimo, una riflessione sul tempo e sulla memoria, sulla realtà e sul modo in cui il cinema può rappresentarla. La città di Oporto diventa un luogo sospeso, poetico e onirico, in cui il passato e il presente si fondono in un unico corpo narrativo che segue il ritmo musicale dell’Adagio.

Un’opera che non impone risposte, ma lascia emergere interrogativi sulla percezione del reale, sulla forza del racconto per immagini e sul significato stesso del cinema.